Non se ne parla ma esiste: cos’è il lutto prenatale

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Erika e Marco hanno perso loro figlio da 6 mesi, alla 15° settimana di gravidanza. Intorno a loro nessuno si capacita di come sia possibile provare un dolore così forte per la perdita di un bambino durante la gravidanza, un bambino quasi sconosciuto, mai guardato negli occhi. Tuttavia per Erika e Marco quel bambino è esistito ed esiste ancora. È loro figlio fin da quando sono comparse quelle due lineette sul test di gravidanza. E oggi si sentono molto soli e incompresi nel loro dolore.

Erika e Marco sono una delle tante coppie che perdono il loro bambino durante la gravidanza. Coppie invisibili e spesso incomprese. Di lutto prenatale e perinatale infatti si parla ancora molto poco, perché suscita ansia, paura e una profonda angoscia. Tuttavia per chi, come me, lavora nell’ambito della perinatalità, è necessario continuare a fare informazione e trasmettere consapevolezza. Spesso infatti con queste coppie non si sa come comunicare, e si può correre il rischio di ferirle usando parole sbagliate. Una ferita che si aggiunge ad un’altra ferita. Talvolta anche il personale sanitario non sa come porsi e come comunicare un simile dramma, e le coppie ricordano anche a distanza di anni di non essersi sentiti compresi e sostenuti in un momento così difficile.

Spesso arriva l’invito a riprovare subito ad avere un’altra gravidanza. In realtà le emozioni e i vissuti intensi che sperimentano queste coppie devono avere il tempo di essere affrontati, risolti e accettati, e questo tempo è soggettivo.

Quando avviene questo evento le madri sono attraversate da emozioni che vanno dallo stupore (sta succedendo veramente a me?) alla paura, fino alla sensazione di non essere state in grado di portare a termine la gravidanza. Senso di colpa e sentimenti depressivi sono comuni a tutte. E anche i padri, da cui ci si aspetta che siano di sostegno per le compagne, attraversano momenti molto difficili, in cui sono anche meno legittimati ad esprimere il dolore e una richiesta di sostegno.

Il lutto prenatale, in qualsiasi settimana di gravidanza accada, è biologicamente inaspettato e quindi particolarmente inspiegabile. È un evento innaturale: sono infatti i figli, di solito, a sopravvivere ai genitori, non il contrario. La sua peculiarità è che nascita e morte avvengono nello stesso tempo: la donna, a livello profondo, sente di aver “creato morte”. Inoltre, ad aggravare il quadro, è il fatto che spesso non viene legittimato dalla società. Come nel caso di Erika e Marco, non viene compresa la sofferenza, tutti intorno a loro pensano che dovrebbero riprovare subito ad avere un altro figlio, tutti credono che dovrebbero tornare produttivi, allegri e spensierati come prima.

In realtà una effettiva riorganizzazione e accettazione di questo evento di vita avviene quando può esserci un’apertura verso le proprie emozioni, quando si ricerca un supporto e quando, dopo tempo, l’esperienza viene integrata nella propria autobiografia.

Per queste coppie, guardare al futuro è importante, ma questo può essere possibile solo dopo aver dato legittimazione alla perdita e al vissuto di lutto, dopo aver dato un posto al bambino; solo dopo questa elaborazione i genitori saranno in grado di parlare di lui con serenità, andare avanti, e avere, magari, uno spazio mentale per una nuova genitorialità.

Dott.ssa Maria Grazia Flore

 

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