“Chissà quanto altro tempo io e il mio bambino dovremo restare chiusi in casa. Non mi aspettavo che sarebbero stati così i primi mesi con mio figlio…”.
“Ho paura ogni volta che vado dalla ginecologa e ne avrò ancora di più quando dovrò andare a partorire. So che è irrazionale, ma non riesco a togliermi dalla testa la possibilità di essere contagiata…”.
“Mi sento inibita a chiedere sostegno, a fare domande… Dato che i medici sono impegnati in cose molto più importanti in questo periodo, mi sento in difficoltà a contattarli quanto vorrei”.
“Chissà se quando partorirò mia madre potrà venire da me… Il mio compagno dovrà tornare a lavoro dopo pochi giorni e mi angoscia l’idea di passare sola col bambino la gran parte della giornata… Ho paura, mi sento così inesperta…”.
“Ho sempre sognato di allattare mio figlio e temo di non poterlo fare. Se fossi asintomatica e gli trasmettessi il virus non potrei mai perdonarmelo”.
Questi sono alcuni dei dubbi e delle preoccupazioni raccolti negli ultimi tempi, da quando il Coronavirus ha costretto tutti a cambiare stile di vita e a convivere con la paura del contagio. Le coppie si trovano, purtroppo, a ricostruire tutto ciò che avevano immaginato e desiderato rispetto all’attesa e all’arrivo del bambino.
Le nuove paure si intrecciano con vecchi timori
Per le donne in gravidanza, che iniziano a pensare al loro parto e al post parto, si intersecano paure nuove con timori che fanno parte da anni dei vissuti delle donne in attesa.
Pensiamo ad esempio alla solitudine e alla stanchezza che provano quando restano sole col bambino perché in Italia i giorni di paternità sono solo tre, non tutte hanno la famiglia vicina e quella rete di sostegno che si stringeva un tempo intorno a madre e figlio in molti contesti non esiste più. Questa solitudine oggi è vissuta dalle madri in modo ancora più accentuato. Non ci può essere la possibilità di essere aiutati in casa, o quell’appuntamento settimanale al consultorio che permetteva alle donne di sentirsi parte di una comunità e di potersi confrontare con altre madri che stanno vivendo le stesse gioie e difficoltà.
Pensiamo anche alle complesse trasformazioni identitarie e psicofisiche che vive una donna da quando scopre di avere una vita che cresce dentro di sé. Un cambiamento che attiva e riattiva i propri vissuti personali, la propria storia familiare. Non per tutte è un periodo idilliaco, per molte è connotato da emozioni ambivalenti e per alcune può essere destabilizzante. La destabilizzazione è certamente amplificata in un periodo come questo, in cui le paure e le ansie per il presente e il futuro possono essere pervasive. Si può provare il timore di ammalarsi e far ammalare il bambino, l’angoscia di non riuscire a proteggerlo, la paura di non essere emotivamente stabili, accoglienti e amorevoli come si vorrebbe essere.
Anche l’aspetto dell’instabilità materiale ed economica non è da sottovalutare in un periodo di grande incertezza come questo, in cui molte persone si trovano in cassa integrazione, impossibilitate a lavorare o con minori entrate: questo può portare a vivere con maggiore angoscia ed incertezza la responsabilità che avere un figlio comporta.
L’importanza delle informazioni valide e attendibili
A molte domande e perplessità la risposta arriva da una corretta e attendibile informazione. L’Istituto Superiore di Sanità offre e aggiorna costantemente informazioni su gravidanza, parto e allattamento basate sulle evidenze scientifiche. Trovate a questo link la pagina aggiornata ogni settimana e qui un documento riepilogativo a cura di Angela Giusti e Serena Donati.
Dagli studi messi a disposizione dalla comunità scientifica internazionale sulle donne in gravidanza e nel post-parto, i dati sono ancora pochi ma le notizie sono rassicuranti: la COVID-19 non sembra avere un decorso più grave nelle donne in gravidanza rispetto alla popolazione generale.
Rispetto alla salute del bambino fino ad ora non sono stati descritti effetti negativi per i bambini nati da madri che avevano contratto la COVID-19 nel terzo trimestre. Sembrerebbe inoltre che si possa escludere la trasmissione dalla madre al bambino durante la vita intrauterina. Il virus non è mai stato rilevato nel liquido amniotico, nel sangue del cordone ombelicale, e nessun bambino nato da madre infetta è risultato positivo.
Prendersi cura del benessere delle madri e delle coppie
Tuttavia in questo scenario c’è certamente bisogno non solo di informazione sulla salute fisica, ma anche di prendersi cura del benessere psicologico delle madri, delle coppie e delle future triadi familiari.
È importante riconoscere di essere importanti e che si sta vivendo un periodo unico della propria vita, che merita attenzione, da se stesse e dagli altri. È fondamentale sentire di avere il diritto di fare domande, chiedere aiuto, riflettere per fare scelte consapevoli, prendersi i propri tempi e spazi, fare rete. Le modalità saranno certamente diverse, ma non ci si dovrebbe precludere delle possibilità. I corsi di accompagnamento alla nascita possono essere effettuati on line (molti consultori si sono attivati per realizzarli), così come è possibile confrontarsi con le neo mamme in rete, o effettuare dei colloqui psicologici con dei professionisti su Skype.
Un aiuto psicologico in questo periodo può permettere di ricevere ascolto, accoglienza e poter condividere le emozioni della gravidanza e del post-partum, in modo da essere facilitati nel processo di transizione alla genitorialità. Se non si possono eliminare le oggettive situazioni di rischio e difficoltà del Coronavirus, si può certamente imparare a gestire incertezze, pensieri negativi e paure, per poter vivere nel migliore modo possibile questo momento di vita così speciale.
Dott.ssa Maria Grazia Flore
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