
“Star catcher” – Duy Huynh
Il Fertility Day ha aperto il vaso di Pandora. Quel vaso colmo di vissuti ed emozioni delle donne che vivono in questo periodo storico in Italia: un periodo estremamente difficile, sia per chi mamma lo è, per chi non lo è, così come per chi non lo vuole essere.
È stato toccato un tasto molto intimo e dolente della vita delle donne: la maternità.
La maternità ha tante facce: una intima e personale, quella sociale ed una relazionale. Ho pensato molto in questo mese a tutte le donne: alle amiche, alle colleghe, alle pazienti e, naturalmente, a me stessa. Ho letto tanto, tutti i punti di vista.
Beh, questa campagna ha ferito tutte.
In primis, le donne che i figli non possono averli. Quelle che darebbero qualsiasi cosa pur di diventare madri, che tentano da anni senza riuscirci, e che vivono ogni mestruazione come un lutto. Quelle che si sentono “donne a metà” (è questa l’immagine che gli rimanda la società, e forse è anche la loro immagine interna), incapaci di procreare, o che arrivano persino a pensare di non meritare un figlio. Quelle che vivono rabbia, si colpevolizzano e che talvolta vivono nella solitudine il loro dolore.
Le donne che non possono avere figli per sterilità del partner o per cause sconosciute. Ebbene si, anche se nella nostra società non è contemplato, i dati ci dicono che quando un figlio non arriva, il 40% dei casi è dovuto alla componente maschile e il 20% a causa sconosciuta. Eppure la prima causa a cui si pensa, e a cui le donne stesse sono portate a pensare, è la “responsabilità femminile”.
Le donne che i figli non li vogliono. Le donne possono non volere figli per tanti motivi: non sentono il desiderio di essere madri, vorrebbero condurre una vita slegate dalle responsabilità genitoriali ed essere libere di dedicarsi al lavoro, ai viaggi e magari ad una vita sessuale non monogama. Le motivazioni di questa scelta talvolta possono essere profonde e inconsce, altre volte no: semplicemente, scelgono sul loro corpo, sul loro utero e sulla loro vita. La genitorialità non è una tappa obbligata. Le donne hanno il diritto di disporre del loro corpo seguendo sentimenti e scelte personali.
Donne che hanno subito una o più interruzioni di gravidanza, spontanee o volontarie. Chissà se chi ha pensato questa campagna ha mai avuto modo di entrare in contatto con il dolore di queste madri. Il dolore di perdere un figlio desiderato e cercato è forse inenarrabile. Il vissuto di chi sceglie un’interruzione volontaria può andare dai sensi di colpa al rimpianto di aver fatto forse la scelta sbagliata, dai sentimenti depressivi e di solitudine alla vergogna per la scelta fatta. E l’incapacità, talvolta, di perdonarsi.
Le donne che per motivi di forza maggiore scelgono di diventare madri quando ottengono una situazione lavorativa e di coppia (più o meno) stabile. Queste donne hanno piena consapevolezza del fatto che nel contesto italiano i supporti alle famiglie sono pressocché nulli, nonché del fatto che un figlio si dovrebbe fare con una persona che si ama. In termini psicologici questo è chiamato “esame di realtà”, è segno di salute mentale e fortunatamente molte persone lo possiedono ancora.
Per concludere vorrei dedicare due parole ad un ultimo aspetto, a mio avviso di primaria importanza.
Si è parlato molto, giustamente, della mancanza di rispetto di questa campagna per tutte le persone che non hanno la possibilità psicologica, biologica ed economica di procreare, e di quelle che hanno operato una consapevole scelta di non essere genitore.
Ma si è pensato a che danno sarebbe, per un bambino, nascere non essendo stato desiderato? Nascere per il fattore “orologio biologico”? Nascere perché la donna sente di disattendere un’aspettativa culturale?
I bambini non voluti sono bambini non amati. I bambini non amati sono destinati, con molta probabilità, ad essere adulti infelici.
È proprio questo ciò che vogliamo?
Per approfondimenti
Sull’invenzione dell’orologio biologico si veda “La trappola dell’orologio”, articolo di Moira Weigel tradotto sul n.1170 di “Internazionale”;
Sulla tematica dell’essere figli non voluti si legga lo straordinario romanzo “Le parole per dirlo” di Marie Cardinal;
Per chi volesse cercare dei dati scientifici sulla fertilità: American Society of Reproductive Medicine;
Sull’interruzione volontaria di gravidanza: “Emozioni e vissuti in un’interruzione volontaria di gravidanza”;
Sull’infertilità di coppia da un punto di vista psicoanalitico: “Il problema della sterilità nella coppia: scenari di un evento imprevisto tra desiderio e frustrazione” di Renato Vignati.