Donne che amano troppo.
Robin Norwood è una psicoterapeuta americana specializzata in terapia della famiglia, che ha lavorato per decenni nel campo delle tossicodipendenze e dell’alcolismo.
Anno di pubblicazione: 1985
Presentazione di Dacia Maraini
Saggio
“Se mai vi è capitato di essere ossessionate da un uomo, forse vi è venuto il sospetto che alla radice della vostra ossessione non ci fosse l’amore ma la paura; (…) paura di restare sole, paura di non essere degne d’amore e di considerazione, paura di essere ignorate, o abbandonate o annichilite. Offriamo il nostro amore con la speranza assurda che l’uomo della nostra ossessione ci proteggerà dalle nostre paure; invece le paure e le ossessioni si approfondiscono, finché offrire amore con la speranza di essere ricambiate diventa la costante di tutta la nostra vita”,
Il libro della Norwood nasce dall’esperienza con alcolisti e tossicodipendenti. Che c’entrano, direte voi, le donne implicate in una relazione disfunzionale con tossicodipendenti e alcolisti? Ebbene, l’autrice, nella sua esperienza clinica, ha scoperto che mentre i tossicomani talvolta sono cresciuti in famiglie disturbate e talvolta no, le loro partner provengono sempre da famiglie gravemente disturbate; esse cercando di adattarsi ai loro partner, stanno inconsciamente ricreando e rivivendo aspetti significativi della loro infanzia: il bisogno di superiorità e di sofferenza che da piccole riuscivano a soddisfare nel loro ruolo salvifico. Questo discorso si può estendere anche alle donne cresciute con malati psichici cronici, o in qualsiasi altra famiglia con problematiche, in cui comunque si sono dovute prendere cura di qualcuno e per cui loro dovevano anche sacrificare le proprie esigenze, la propria vita.
L’autrice ci dice che queste donne tendono a rivestire nelle relazioni di coppia lo stesso ruolo, la stessa funzione ricoperti nell’infanzia all’interno della propria famiglia, un concetto noto nell’ambito della psicoterapia psicoanalitica. Quali meccanismi entrano in ballo? Sia durante l’infanzia, che nelle relazioni attuali si tende a negare la sofferenza che si vive per poterla affrontare, e si fa il tentativo di assumere il controllo della situazione. Lo stare con un uomo problematico, relazione basata sull’aiuto, implica il poterla controllare; nello stesso tempo si cerca, rivivendo le stesse situazioni infantili, di vincere le antiche battaglie da cui precedentemente si è usciti sconfitti, quando non si è riusciti ad ottenere l’amore di un genitore o non si è riusciti a salvarlo.
Ci si può chiedere il motivo per cui questo non accada anche nei bambini maschi che crescono in questo tipo di famiglie. La risposta si trova nei fattori sociali e biologici: essi lo affrontano ponendosi delle mete che sono più esterne che interne, quindi concentrandosi sul lavoro, sugli sport o su qualche hobby. Anche in tenera età un bambino che soffre tenderà ad esternarlo con comportamenti aggressivi, mentre una bambina prendendosi cura di qualcosa con cui si identifica.
E’ un libro che a mio avviso tratta il tema in modo esaustivo, considerando sia le dinamiche psicologiche che quelle sociali che danno vita al fenomeno. Spiega le varie tappe che solitamente si attraversano in questo tipo di relazioni e quelle che si attraversano per uscirne.
Non credo che questo libro lo debba leggere solamente chi sta in una dinamica relazionale talmente grave da rischiare la vita, e il libro non è decisamente rivolto solo a queste donne; è rivolto a tutte coloro che si rendono conto che la propria relazione implica sofferenza.